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Maratoneti italiani in calo nel 2018

Dopo quattro anni di crescita continua, si registra un calo del 4% rispetto al record assoluto del 2017 (39.460)

È quanto emerge dal consueto censimento effettuato dal mensile Correre, che da giovedì 31 gennaio è presente in edicola con la cosiddetta “Maximaratona”, elenco di tutti i nomi e i tempi dei maratoneti italiani nell’anno da poco concluso, in allegato al numero 412 (febbraio 2019) della rivista.

Donne in controtendenza – Il calo però riguarda soltanto gli uomini, scesi a 31.002 rispetto ai 32.755 del 2017. Le maratonete italiane, al contrario continuano ad aumentare: una crescita, quella femminile, che prosegue ininterrottamente dal 2013. Nel 2018 le signore della maratona ammontano a 6.871.

Maratoneti con il trolley – A crescere, inoltre è la voglia degli italiani di coniugare viaggio e maratona. Del cosiddetto “run&trolley” hanno beneficiato soprattutto New York (4 novembre, 2.983 italiani), Valencia (2 dicembre, 1.870), Berlino (16 settembre, 1.019) e Parigi (8 aprile, 736).

Presenze di italiani sono state rintracciate in 126 maratone nel mondo, che si aggiungono alle 104 disputate sul nostro territorio.   Roma la più frequentata

Dove hanno corso? Roma (8 aprile 2018) risulta ancora la più frequentata tra le maratone italiane, con i suoi 11.675 classificati, anche se in calo rispetto ai 13.304 del 2017. Alle spalle della 42 chilometri della capitale, si piazza di nuovo Firenze (25 novembre) con 7.606 arrivati (8.438 nel 2017). Cresce invece Milano che passa dai 5.300 del 2017 ai 5.556 dell’8 aprile 2018. Venezia soffre per l’acqua alta e porta al traguardo 4.915 finisher rispetto ai 5.905 della precedente edizione. ? Nel 2018, infine, i 37.874 maratoneti italiani hanno prodotto un totale di 59.911 tempi, tutti rintracciabili nelle 218 pagine di Maximaratona 2018.

Quando la corsa da’ alla testa.

di Dario Marchini – 13 febbraio 2019

Runner per passione, assassino per professione

Incastrato dal suo GPS. L’incredibile storia di Mark “Iceman” Fellows, il runner-killer di Manchester.

Si chiama Mark “Iceman” Fellows, 39 anni, ed è stato giudicato colpevole di omicidio per aver assassinato il boss Paul Massey e il suo socio John Kinsella. Tutto grazie all’analisi dei tracciati del suo GPS.

Mark Fellows era già stato condannato per la morte di Kinsella, ma è stato il tracciato del suo Garmin Forerunner 35 a collegarlo definitivamente anche all’omicidio irrisolto di Massey del 2015. Durante le indagini i detective hanno infatti trovato una foto di Fellows che indossava il suo Garmin durante la Great Manchester Run 10K del 2015 (47′ 17″ il suo tempo finale, nella foto) due mesi prima dell’omicidio. La polizia ha quindi controllato i dati del suo GPS, scoprendo che il runner-killer aveva progettato l’omicidio con la precisione maniacale di un assassino, registrando e salvando però ingenuamente le sue missioni di ricognizione come un qualsiasi runner che va ad allenarsi.

Con l’aiuto di James Last, esperto di radio-navigazione satellitare, hanno esaminato i tracciati del Garmin di Fellows per trovare elementi che lo potessero legare al delitto, scoprendo che proprio due mesi prima dell’omicidio, il GPS aveva registrato un’attività di 35 minuti iniziata nel quartiere dove abitava Fellows e terminata proprio in un campo vicino a casa di Massey. La prima parte percorsa a circa 20 km/h come se fosse stata fatta in bicicletta, la seconda a circa 5 km/h come se stesse camminando, prima di fermarsi per circa otto minuti. Una prova schiacciante che ha incastrato definitivamente “Iceman”, risolvendo così il caso e facendolo condannare all’ergastolo

Undici uomini sotto l’ora alla Ras Al Khaimah Half Marathon

 

 

 

Undici uomini sotto l'ora alla Ras Al Khaimah Half Marathon

 

 

Febbraio – La 13^ edizione della Ras Al Khaimah Half Marathon conferma le previsioni della vigilia: undici atleti hanno concluso entro l’ora, entro i fatidici 60 minuti! E cinque donne sono arrivate entro 1h06:30! Il 19enne keniano Stephen Kiprop si è imposto in 58:42 (PB, record della corsa eguagliato e quinto crono di sempre sulla distanza), precedendo allo sprint di due secondi l’etiope Abadi Hadis (58:44, PB eguagliato).

Roberto Annoscia

Lutto per l’atletica azzurra: trovata morta l’ex maratoneta Maura Viceconte

La campionessa piemontese aveva 51 anni: si è tolta la vita nella sua abitazione a Chiusa San Michele, comune in provincia di Torino

Lutto per l'atletica azzurra: trovata morta l'ex maratoneta Maura Viceconte

Una notizia tragica ha sconvolto oggi il mondo dell’atletica italiana. A soli 51 anni è mancata Maura Viceconte, stella della maratona azzurra tra gli anni ’90 e primi anni 2000. Bronzo agli Europei di Budapest 1998, atleta olimpica a Sidney 2000, la piemontese – come ricorda la nota della Fidal, la Federazione di Atletica Leggera che per prima ha dato notizia della sua scomparsa – è stata primatista assoluta della distanza regina: il suo record sui 42,195 chilometri è durato dal 2000 al 2012, battutto per soli 3″ da Valeria Straneo. Ancora suo, invece, il record italiano dei 10.000 metri (31′ 05″ stabilito nel 2000 in Gran Bretagna).

Nata a Susa (Torino), la Viceconte è ricordata dalla Fidal come “figura di notevole rilievo nel panorama fondistico nazionale ed internazionale”, capace di imporsi in numerose maratone di assoluto rilievo: in carriera ha colto successi a Venezia, Montecarlo, Carpi, Roma, Vienna (quando corse in 2h23:47, l’allora record nazionale), Praga e Napoli.

Terminata la carriera agonistica nel 2004, Maura dovette confrontarsi per lunghi anni con la malattia, un carcinoma al seno molto aggressivo, diventando testimonial della lotta contro il cancro per l’associazione Salute-Donna di Torino. Lo scorso novembre aveva promosso un docufilm sulla sua vita, “La vita è una maratona – La corsa il modo di vivere“, che le aveva permesso di tornare a confrontarsi con amiche e avversarie del tempo. L’ex atleta olimpica si è tolta oggi la vita nella sua casa a Chiusa San Michele, comune in provincia di Torino.

Ciao Leo esempio di coraggio.

Addio al maratoneta che correva contro il cancro

Famoso per la sua linguaccia, Mattarella lo premiò: a novembre era in gara a New York

Milano «Il nostro Leo è volato in cielo, tra gli angeli. La sua missione sulla terra è terminata» ha scritto su Facebook Avanti tutta, la onlus che aveva fondato.

«Di questi sei anni che gli sono stati regalati dalla malattia non ha sprecato neanche un giorno. Con i sogni ai piedi e l’invincibilità nel suo cuore è riuscito a realizzare tanti dei suoi desideri ed il resto saranno portati a compimento perché il patrimonio umano e materiale che lui ha creato non andrà disperso..». É morto all’ospedale di Perugia Leonardo Cenci, 46 anni, malato di tumore, impegnato da anni nel mondo del volontariato con la sua onlus che ha dato la notizia della sua scomparsa sul suo profilo social. E sono stati migliaia i messaggi per salutare un atleta che con la corsa e le maratone aveva acceso una speranza tra chi come lui proprio con lo sport sfidava il cancro.

Lo conoscevano tutti «Leo» e lo scorso anno era anche stato nominato cavaliere dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella: «Per la determinazione e la forza d’animo con cui ha affrontato la sua gravissima malattia offrendo agli altri malati un esempio di reagire e di difesa della vita». Era diventato un faro per chi si trova nelle sue condizioni con una storia di tenacia che per molti è stata la strada da seguire in tutti questi anni. Storia che non finisce con la sua scomparsa. Che sopravviverà con la sua associazione che continuerà a raccogliere fondi per tutti i malati oncologici. Un esempio immenso, infinito, più efficace di qualsiasi campagna mediatica. La sua corsa e le sue «linguacce» immortalate in mille foto sono andate oltre ogni tempo. «Si dice che Dio lasci le battaglie più difficili ai suoi soldati migliori – aveva detto pochi mesi fa durante l’ultimo dei tanti ricoveri – E io credo che mi abbia confuso con Rambo»

Non ha mai mollato. Il suo sogno era correre a New York perchè ripeteva spesso che nella maratona c’era il miracolo possibile. C’ era una luce che doveva restare accesa. Per correre due anni fa nella Grande Mela si era allenato quattro anni nonostante i ricoveri, nonostante le chemio, nonostante tutto. Voleva essere il primo italiano a correre la maratona di New York con un tumore in atto e battere il record 5 ore e 32 minuti del fondatore della NewYork city marathon Fred Lebow che corse con un cancro al cervello. E così fu. Una vittoria, ovviamente non la più importante. Una vittoria che è servita più agli altri che a lui, a tutti quelli che come lui non vedevano la luce nel tunnel della malattia e che però ha convinto a non lasciarsi andare. La sua è stata una storia incredibile. Incredibili sono state la tenacia e la determinazione con cui si è battuto nel tenere testa a un tumore ai polmoni che gli aveva lasciato sei mesi di vita. E invece no. «Contro il cancro voglio vincere io…» ripeteva sempre. Una speranza che resta, anche ora che se n’è andato.

HAILE GEBRSELASSIE: LA LEGGENDA.

Haile Gebrselassie si ritira: “smetterò di competere, non certo di correre; la corsa è la mia vita”

“Dopo la maratona di New York annunciai il mio addio sulla spinta emotiva della brutta prestazione. Quando sono tornato in Etiopia però la reazione della gente mi ha travolto, non gli piaceva il modo in cui avevo deciso di porre fine alla mia carriera. E avevano ragione”. Il 7 novembre 2010, al 26esimo kilometro della New York Marathon Haile Gebrselassie abbandonò la gara e poco tempo dopo annunciò il suo ritiro dalle competizioni. Ci ripensò e qualche mese più tardi tornò a correre, veloce come prima. Ieri ha percorso addirittura due volte i 10 km della Great Manchester Run; la prima chiudendo al 16esimo posto, la seconda come passerella in mezzo a tutti gli appassionati, tra foto e applausi. E al traguardo ha annunciato il suo ritiro, che questa volta, a 42 anni, sembra essere definitivo. “Smetterò di competere, non certo di correre” ha dichiarato ai microfoni della BBC, “correrò finché vivrò, la corsa è la mia vita”.

Paula Radcliffe, che due settimane fa a Londra ha concluso la sua ultima maratona, ha twittato: “un atleta fantastico, un grande agonista e un uomo straordinario. Grazie Haile”. Questo è stato, lungo i suoi 25 anni di carriera, Gebrselassie, oro olimpico dei 10.000 a Sydney e Atlanta e in diverse occasioni su un podio iridato, tra il 1993 e il 2003. Tra strada e pista ha stabilito 27 record del mondo, tra cui quelli ancora imbattuti dei 20 km e dell’ora. È stato il primo uomo della storia a correre una maratona sotto le due ore e quattro minuti (2h03’59”), a Berlino nel 2008. Nel 1998 è stato nominato atleta dell’anno IAAF.

A metà tra leggenda e realtà, iniziò a correre per coprire i 10 km che separavano la scuola dal villaggio di Arssi. I suoi piedi di bambino accarezzavano lo sterrato e la sabbia con la leggerezza e il passo veloce che hanno contraddistinto la sua azione anche in età adulta. Divenuto famoso a livello internazionale, Haile Gebrselassie non si è dimenticato delle sue origini e ha sempre cercato di sensibilizzare l’attenzione del mondo sui problemi dell’Etiopia. Ha costruito scuole e dato lavoro a moltissimi suoi connazionali; ha creato la Great Ethiopian Run, la manifestazione podistica più grande del continente africano. Ed è ambasciatore di alcune iniziative internazionali.

Per la sua ultima gara (anche se qualcuno ha già detto che tornerà a competere sul serio) ha scelto la Great Manchester Run, di cui aveva vinto cinque edizioni. Ha corso con un grande sorriso, lo stesso mostrato all’arrivo durante l’intervista sul palco ma anche lungo tutta la sua carriera. “Sorrido perché sono uno sportivo e lo sport è nato per far felice la gente” aveva detto tempo fa, “se non fossi così contento di correre smetterei. Ma sono felice e corro perché mi piace correre, tutto qui”.

Volantino Maratonina 2015

COSE DA RUNNERS

Cose da Runners: intervista a Maurizio “TheHand” Di Bon

Maurizio “theHand” Di Bona, napoletano classe 1971. Ha illustrato per Smemoranda, Piero Pelù, Cranberries, Gillian Anderson, Beppe Grillo, Il Fatto Quotidiano, Il Misfatto, Il Ruvido, L’Ateo, Cadoinpiedi, Radio2. La sua ultima fatica è il progetto Cose da Runners, una raccolta di caricature riguardanti il mondo del running.

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11195508_10204771074942103_993921196_nCome e quando è nato il progetto Cose da Runners?
É nato in Germania, dove ho vissuto fino a quattro anni fa. Ho cominciato ad annotare mentalmente cose tutte le volte che andavo a correre, ma solo per divertimento personale: quando incontro una persona tendo a vederla come personaggio e a distorcerla in caricatura. Era come registrare specie strane di un pianeta che non era il mio. L’idea di raccogliere quelle “registrazioni in corsa” che cominciavano a essere troppe nella testa – si erano frattanto aggiunte quelle del periodo in cui ho vissuto a Dublino e ovviamente in Italia –  e di farne un libro è venuta più tardi, appena un anno fa.

Quando è nata la tua passione per il running?
Circa dieci anni fa, ad Augsburg, sempre in Germania. Ho cominciato con i classici giri di campo d’obbligo a oltranza. Ce n’era uno vicino casa che era sempre pieno di corvi, ma era sconfinato e finire un solo giro era già un’impresa: non avevo fiato e mi fermavo in più punti. I corvi allora gracchiavano (o se la ridevano) e io ripartivo. Sono stati loro i miei primi coach!
Poi a Ravensburg, dove quasi ogni giorno me ne capitava una. C’era un vecchio che mi vedeva uscire la mattina presto in mezza tuta nonostante vento, pioggia e neve ed esclamava tutte le volte “Nicht Kalt?!” (ma non hai freddo?). Altro aneddoto che racconto nel libro è quello di un gruppo di ragazzini che venivano a vedermi perché convinti che fossi un pugile turco che andava ad allenarsi come Rocky, flessioni e scalinata inclusa. Lo capii quando un giorno uno di loro si fece coraggio e venne a chiedermi l’autografo!

11169012_10204771073822075_1438896862_nCome ti è venuta l’idea di suddividere i runners in tipologie? Quali criteri hai seguito?

Li ho etichettati in corsa grazie agli automatismi mentali di cui parlavo prima … L’andatura, il look, il peso, le fisionomie, gli accessori …e un po’ d’occhio clinico hanno fatto il resto.
Devo dire che i runners fanno poco per nascondere chi sono, amano mostrarsi e raccontarsi. Molto si deduce d’impatto già in base a come vestono e si muovono. I tedeschi comunque mi hanno agevolato molto nell’arricchire la gallery: a Lipsia vedevo uno che correva con un disco di ghisa appiccicato sulla schiena. Anche gli irlandesi con cui ho avuto la gran fortuna di condividere il parco più grande d’Europa (Phoenix Park) dove ti ritrovi a correre con i daini in libertà (uno spettacolo!), hanno fornito tracce interessanti. Il parallelo con il mondo animale forse ha aiutato a leggere e classificare: runners che spuntano solo di notte come gufi e falene, altri che amano il sole come lucertole e galli, chi corre come un ghepardo, chi invece si muove a passo lento ma regolare come una tartaruga, l’anfibio che gode sotto la pioggia…
Hai riscontrato supporto o interesse da parte di associazioni sportive o altri atleti? Magari di chi si allena con te?
Grazie al gruppo su Facebook il progetto si è fatto conoscere da solo: in tanti hanno seguito la pubblicazione delle bozze affezionandosi all’iniziativa e leggendo le pagine in anteprima. Anche runner professionisti che hanno scritto libri seri sull’argomento e direttori di riviste specializzate stanno seguendo la cosa con interesse. Chi si allena con me, volente o nolente, ha dovuto per forza di cose ascoltare i, per così dire, reading mentre si andava … alcuni pezzi li ho elaborati, corretti e limati così, anche ascoltando i loro commenti e giudizi. Mentre si corre si vedono meglio le cose, i pensieri si riordinano e se hai dubbi o elementi da chiarire, nove volte su dieci a fine corsa hai risolto il rebus. Le associazioni conto di coinvolgerle adesso: è cominciata la fase 2 perché ho completato tutte le cento matite, quindi si moltiplicano le uscite, si fanno gare, si lascia il materiale informativo, si stampano le t-shirt… e si va a caccia dell’editore!

Secondo te, progetti di questo tipo possono aiutare a fare più luce sulla tematica sportiva, in particolare su discipline meno conosciute, e magari anche a diffondere la passione per lo sport?

so per certo che alcuni hanno cominciato a correre proprio leggendo le cose che ho scritto e disegnato. Forse l’avrebbero fatto comunque, ma mi piace pensare di aver contribuito a velocizzare la “pratica” e aver dato la spinta iniziale. Chi supera le prime volte e “scollina” poi comincia a sentire il richiamo, e il più è fatto. È come avere un cane da dover portare fuori, anzi due, nascosti nei quadricipiti. Abbaiano e non c’è niente da fare, devi assecondare la loro richiesta. Poi cominci a godere di tutti i benefici, puoi imbottigliare le endorfine e le encefaline che produci in eccesso, i cani crescono e benedici il giorno in cui sei uscito per la prima volta, dolori inclusi.
Quando ero in Irlanda, pensavo ad un fumetto con i giocatori di hurling [sport di origini celtiche: http://it.wikipedia.org/wiki/Hurling, NdR], loro sport nazionale… che soprattutto nelle periferie puoi vedere giocare dai ragazzini nei cortili o in uno dei tanti grandi prati.
Non ti nascondo che l’intenzione era proprio quella di mostrare uno sport che in pochi conoscono fuori dall’Irlanda… ma il tempo per far tutto non c’è mai. Mi tocca tenerlo quindi in standby nella testa e intanto mi studio il baseball dei Peanuts!

Maratona in due o in sette ore, l’importante è correrla

Running USA pubblica ogni anno interessanti statistiche riguardanti le gare podistiche negli Stati Uniti. Il primo dato che salta all’occhio è il numero di persone che nel 2014 hanno concluso una maratona: 550.637. È un record assoluto, che supera di 11.000 unità il numero del 2013 e conferma il trend di crescita costante delle ultime stagioni. Le indagini dicono anche che di questi 550.637 podisti il 43 per cento sono donne, che l’età media di chi termina i 42,195 km è di 38 anni e che circa la metà di loro ha più di 40 anni. Running USA pubblica anche molte curiosità riguardanti le singole maratone, ma l’ultimo risultato generale degno di nota è il tempo medio impiegato dai 550.637 appassionati per concludere la loro “fatica”: 4h44’19’’ per le donne, 4h19’27’’ per gli uomini, la percorrenza più lenta registrata dal 2005 ad oggi.
E in Italia? “In Italia si tende a pensare troppo alla prestazione cronometrica” afferma Luigi Chiabrera, presidente di Turin Marathon, “in generale c’è più agonismo rispetto a molte altre nazioni, in cui la maratona si corre anche “solo” per stare bene e per il piacere di concluderla, senza preoccuparsi della performance. In questo gli Stati Uniti sono leader mondiale”.
“Nel nostro paese ci sono circa 5 milioni di podisti abituali (dato Istat)” prosegue Chiabrera, “e come società ci siamo posti l’obiettivo di portarne il 2 per cento a terminare una maratona, almeno una volta all’anno”. Una percentuale che significa 100 mila persone, un numero decisamente superiore rispetto a quello registrato nelle ultime stagioni; che secondo la classifica MaxiMaratona si attesta intorno a 35.000 unità, di cui una percentuale minima (14%) composta da donne.
“La maratona è conoscere persone e luoghi, è benessere, chi corre una maratona è un atleta completo a prescindere da quanto ci ha impiegato” è il pensiero del presidente di Turin Marathon, che di maratone ne ha corse quattro e che non a caso ha coniato per la sua società lo slogan “la corsa è il mezzo, la maratona il fine”.
TuttaDritta ha celebrato quest’anno un signore che qualche tempo fa, a 68 anni compiuti e appena guarito da un tumore, decise di correre la sua prima maratona. Da allora non si è fermato e ne ha completate diverse, e non certo per un obiettivo cronometrico. “Un’altra immagine che non dimenticherò” conclude Luigi Chiabrera, “è l’ultima New York Marathon del suo fondatore Fred Lebow. Quando, malato, decise di correrla per l’ultima volta con i suoi amici, le telecamere lo seguirono per gran parte del percorso, quasi ignorando ciò che stava succedendo nel gruppo di testa della gara”.

 

MOTUX, il running da un altro punto di vista.

Alla Maratona del Santo per la prima volta si sperimenta una rete di sensori per rilevare i movimenti degli sportivi (e non solo). Per la prima volta alla maratona di Padova si è eseguito un test su un runner monitorandolo con ben nove sensori inerziali. L’obiettivo è stato quello di registrare più informazioni possibili sui movimenti del corpo in corsa. I sensori sono stati posizionati due per arto e uno sulla nuca. L’acquisizione di accelerazioni e spostamenti angolari in tre dimensioni dovrebbe chiarire tutta la fluidità (o la fatica) durante la corsa di un maratoneta. È la prima volta che viene compiuto un esperimento di questo genere a livello nazionale.
Il runner in questione (che ha concluso il tracciato in 3 ore e 48 minuti) è il Dottor Marco Bergamin, coordinatore dell’equipe di ricerca universitaria che da qualche tempo testa lo sviluppo dei sensori inerziali, realizzati da Motux (azienda trevigiana che fa parte del gruppo 221e Srl).

“L’intesa tra l’università di Padova e Motux nasce dall’effettivo riconoscimento dello strumento come dispositivo innovativo  capace di registrare i movimenti e successivamente, tramite apposito software, dare indicazioni sulle prestazioni e i movimenti eseguiti”. Le piccole dimensioni e la leggerezza del sensore (meno di 16 grammi) ne consentono un facile utilizzo sia durante l’attività fisica, che durante l’applicazione di protocolli di analisi biomeccanica. “Lo strumento, a breve in commercio  ha le potenzialità per diventare un sistema di riferimento nella valutazione funzionale in molteplici contesti sanitari, di ricerca ed in ambito sportivo”.

CAMMINARE O CORRERE QUESTO IL DILEMMA!

Camminare o correre, qual è l’attività perfetta per perdere peso? La ricetta del giorno: rotolo di pollo

4 maggio 2015 • Benessere, Blog, Eventi
di Giulia Biondi – Camminare o correre? Che differenza c’è tra queste due attività fisiche molto simili tra loro? Cosa cambia a livello fisiologico e metabolico? Sembrerà strano, ma queste due discipline sportive racchiudono molte realtà diverse. Volendo privilegiare la questione perdita di grasso corporeo e dimagrimento, a chi non è un grande sportivo, e nella sua vita si è dilettato poco o nulla al movimento, consiglierei di imparare a camminare a passo sostenuto.

Ebbene sì, imparare. Molte persone pensano che camminare a passo svelto sia la stessa cosa che fare una passeggiata su e giù per il corso della città, leggendo un sms o un whatsapp sul cellulare lasciando ciondolare i piedi in modo morbido e stanco.

Indubbiamente è meglio di niente ma, se proprio dobbiamo impegnare un’ora della nostra giornata in modo costruttivo, meglio rendere propositiva l’attività.

Una ricerca pubblicata nei primi mesi del 2013 sulla rivista scientifica Arteriosclerosis, Thrombosis and Vascular Biology dell’American Heart Association ha preso in esame per 6 anni più di 15 mila camminatori di età compresa tra i 18 e gli 80 anni. I risultati ottenuti faranno molto piacere a tutti coloro che non sopportano la grande fatica della corsa: la camminata è risultata avere un fattore di prevenzione più alto per le malattie cardiovascolari. Inoltre, sempre la stessa ricerca afferma che, rispetto alla corsa, consumando le stesse calorie, il colesterolo diminuisce in maniera più importante con una camminata, come anche la pressione sanguigna.

Mentre per i chili di troppo? E’ più utile camminare un’ora consumando le stesse calorie che si brucerebbero in soli 30 minuti di corsa. Come è possibile?

Spiegato in modo semplice ma chiaro: se lavoro senza andare in affanno, e quindi senza andare in carenza di ossigeno, il mio corpo utilizzerà almeno per un 70% l’energia presente nel grasso, se invece ho il fiatone come se mi mancasse l’aria, allora vuol dire che sono in carenza di ossigeno e l’energia utilizzata sarà maggiormente ottenuta dal muscolo.

Allo stesso tempo camminare lenti e svogliati non serve a molto se non a consumare più o meno 130 kcal in un ‘ora e migliorare la circolazione. Quindi: chi va piano (ma non troppo piano) va sano e va lontano!